Non aprite quella porta

10/29

Un inquietante rantolìo e strofinìo al di là della porta della stanza ci tiene con...

Un inquietante rantolìo e strofinìo al di là della porta della stanza ci tiene con occhi e orecchie allerta.

Siamo ancora a Cracovia, nel residence che sembra essere il maggiore indiziato per gli attacchi allergici di Andrea. 

Fin dal primo momento in cui abbiamo messo piede all’interno del monolocale, in autonomia come a Vienna, ma con meno tecnologia e stile, un profumatore d’ambiente troppo intenso ci ha quasi soffocati. L’apertura costante di tutte le finestre, sfidando la pioggia, le raffiche di gelo e i piccioni, non è stata sufficiente a depurare l’ambiente. Neppure l’attivazione della cappa aspirante della cucina, e l’immediata rimozione del profumatore, che per tutto il tempo della nostra permanenza ha rilasciato questi fumi, di cui pure ogni tenda e suppellettile era impregnato. 

Rimangono ormai solo le ultime due notti da trascorrere, e dopo averle passate con la finestra aperta, superando il congelamento, sembra che pure l’asma sia sotto controllo. Siamo molto stanchi, assonnati, a causa dei diversi risvegli e attacchi di tosse. E’ meglio, quindi, anticipare il riposo notturno per recuperare un po ‘ di forze in vista del prossimo viaggio. 

Ma, poco dopo aver spento la luce, ecco un rumore inquietante. 

Sembra che qualcuno al di là della porta stia tentando di forzare l’entrata. Aguzzo l’orecchio ed effettivamente riesco a distinguere il movimento truffaldino di un individuo che prova ripetutamente a girare la maniglia. Sono ufficialmente nel panico, mentre Andrea continua con il suo respiro calmo, verso un lento addormentamento. 

Non c’è tempo. Dobbiamo agire prima che il ladro riesca a entrare. Lo sveglio e farnetico, agitata, che siamo sotto assedio, per accelerare la sua reazione istintiva. 

Proprio in quel momento non si avverte alcun rumore, è tutto calmo. Allora non c’è motivo di preoccuparsi, sarà stato un “animale domestico” di passaggio nel pianerottolo. 

Spiegazione improbabile, considerando che siamo anche l’ultima porta alla fine del corridoio, quindi sicuramente non di passaggio. Non c’è lo spioncino per guardare ciò che succede al di là della porta, è tutto lasciato alla nostra immaginazione.

Io insisto con la descrizione della creatura che ci sta attaccando, a cui dovremmo seriamente rispondere aumentando la barriera protettiva, e magari, attrezzandoci pure di qualsiasi strumento che possiamo trovare nella stanza per trasformarlo in un’arma. 

Mentre guardo ai piedi del tavolo con fare ingegnoso, riecco il tentativo di scasso. E questa volta lo spavento è di entrambi. 

La prima cosa da fare è rendere più complesso l’ingresso nella stanza. Così, spostiamo il tavolo con tutte le quattro sedie dietro la porta e lo incastriamo come una costruzione lego, capovolto, per fare maggiore resistenza. Intanto, mettendo l’orecchio dietro la porta, continuiamo a sentire movimenti di sfregamento e fruscìo proprio sotto la porta, in prossimità dello zerbino. 

Dopo il fallimento della maniglia, sta tentando di infiltrarsi dalle altre fessure della porta o di recapitare un messaggio minatorio. 

Rimaniamo in attesa, per capire le intenzioni del malintenzionato. Se, i ripetuti tentativi di scassinamento andati in fumo, lo stanno facendo desistere, e muovere verso nuove e più semplici porte. Ma lui o lei (o loro) non demorde, si accascia. Si percepisce questo rapido scivolamento del corpo a peso quasi morto sul pianerottolo, con un tonfo. 

E ricomincia il fruscìo dello zerbino che viene sbattuto sulla porta. 

Forse è un senza tetto che si è intrufolato, in qualche modo, dal portone principale e cerca riparo in questa gelida notte cracoviana. Continuiamo a tenere alta l’allerta. 

Poi finalmente arriva un suono che quasi ci conforta. 

Un ronfo forte e distintivo di chi è già crollato in un sonno profondissimo. Al di là della nostra porta, sul nostro zerbino. Almeno questo significa che si è rassegnato, anche temporaneamente. 

Ora che dorme indifeso, la mia tentazione di aprire la porta è tanta, ma la scelta più saggia sembra quella di non svegliare il can che dorme. 

La russata al di là della porta si fa sempre più intensa e ritmica, la tensione inizia ad allentarsi sempre di più, lasciando spazio a risate prima isteriche e poi di gusto. Forse, a questo punto, possiamo anche ipotizzare di ritornare a letto, così barricati, con l’invidia di intercettare un po’ di quel sonno profondo per qualche ora. 

E’ difficile chiudere gli occhi e rilassarsi con quel rumore di fondo.  Ma la stanchezza è tale che alla fine ci troviamo risvegliati dalla luce del giorno dopo, che entra dalla finestra. 

Cos’è successo durante la notte? C’è ancora una creatura là fuori? 

La fortificazione che abbiamo costruito è intatta e protegge ancora la porta. E non si sente alcun rumore proveniente dall’esterno. Ci prendiamo con calma il tempo per sistemarci, senza aprire ancora la porta, per essere sicuri che l’ambiente sia sicuro e che non ci saranno altri attacchi a sorpresa. 

Dopo aver rinviato ancora, è il momento di azzerare la barriera e uscire. Gli unici segni visibili della turbolenta nottata si scorgono sullo zerbino, spostato in obliquo, lontano dall’uscio della porta, con evidenti peli bianchi e biondi sulla sua superficie. Nessun’altra presenza nel pianerottolo e nel residence e nessuno a cui chiedere, neanche per caso. 

Ognuno così può mantenere la sua singolare versione dell’aggressore ignoto al di là di quella porta: il cane rabbioso scappato di casa, o lo scassinatore seriale ubriacone. 

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