Incontri ravvicinati

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Dopo aver toccato con mano l’appassionata accoglienza polacca nei confronti dei profughi ucraini, che si...

Dopo aver toccato con mano l’appassionata accoglienza polacca nei confronti dei profughi ucraini, che si respirava in ogni strada, in ogni piazza, in ogni locale, finanche nel nostro edificio residenziale, l’arrivo in Ungheria mi ha lasciata perplessa (nella conferma di ciò che si immaginava).  

In ogni strada, ogni piazza, ogni locale di Budapest non si notava, neppure lontanamente, la presenza di colori gialli e blu, che potessero rimandare a qualche forma di sostegno alla causa. Con tali presupposti, quindi, ancora meno ci si aspettava la presenza di striscioni e cartelloni in aperto contrasto a Putin e alla guerra, come era avvenuto, oltre che a Cracovia, anche a Praga. 

Data la nostra collocazione abitativa nel distretto del castello di Buda, nei pressi anche dell’ufficio governativo di Orban, puntavo a un incontro ravvicinato, ad una sua uscita fugace, prima di essere scortato via in macchina. Peccato che il giorno della visita di Ursula von der Leyen, proprio nel distretto di Buda, per andare a cena con Orban, noi avevamo prenotato una cena più mainstream in uno dei locali più in voga del quartiere ebraico, nei pressi dei più noti ruin bar. Perlomeno, bisogna dare atto che l’unico barlume di giallo e blu è apparso proprio da un brandello sgualcito, dietro la vetrina di un piccolo locale in questa zona. 

La vera sorpresa di incontro ravvicinato è avvenuta il giorno successivo, sempre in terra ungherese, nel paesino di Heviz, nei pressi del Lago Balaton, considerato il “mare magiaro”, luogo di villeggiatura “marina”, lungo quasi i 200 km di costa del lago. Hévíz, paesino di 4000 abitanti, dal canto suo, mantiene alta la sua reputazione grazie alla presenza del Lago Hévíz, il secondo lago termale più grande al mondo, che attira principalmente turisti tedescofoni e russi, nella loro terza età. 

Infatti, andando in giro nel piccolo centro città si notano indicazioni principalmente in cirillico e poi in tedesco. Quasi non sembra di essere in Ungheria, e ci ritroviamo, così, spaesati, in assenza degli ancoraggi terminologici ungheresi, che erano diventati il nostro pane quotidiano nelle due settimane a Budapest. Chi l’avrebbe detto. 

Veniamo pure accolti all’interno dell’appartamento, prescelto non per i punti forti succitati, ma per un prezzo imbattibile, da una gentile e sorridente ragazza, Maria, che parla italiano. Dopo qualche convenevole legato alla sua conoscenza della lingua, emergono le sue origini ucraine. 

Colgo, allora, l’occasione per esprimerle il mio rammarico per la situazione straziante che stanno vivendo i suoi connazionali, mentre lei mi ringrazia e ci tiene subito a precisare la realtà di come stanno le cose davvero: è tutta colpa degli americani, che da almeno dieci anni stanno portando avanti azioni provocatorie nei confronti dei russi, che sono stati obbligati a reagire a questo ennesimo oltraggio. Gli americani sono i soli interessati a una guerra contro i russi e stanno utilizzando gli ucraini per tale scopo. Insomma, i russi non si possono definire certo i cattivi in questa versione della storia. 

Dalla sorpresa passo allo shock facciale malcelato, quindi le chiedo se la sua famiglia sta bene e lei risponde che insieme ai suoi genitori ha lasciato Kiev 5 anni fa, per stabilirsi qui a Hévíz, con il nuovo business familiare ed è serena. 

A questo punto, le domande sono già state più numerose e più indiscrete di ciò che rientrava nel suo ruolo di padrona di casa, quindi è il momento di congedarsi rapidamente e lasciarci al nostro turbamento, tra sguardi circospetti, e dubbi inquietanti. 

Rimasti soli, cerchiamo di comunicare in codice dialettale, a bassa voce, sapendo di essere circondati e, per di più, compresi nella nostra lingua. Sento il bisogno di raccogliere altre informazioni sul luogo in cui ci troviamo, al di là dei depliant turistici, che offrono il quadretto idilliaco nel percorso benessere tra spa e terme. 

Ed è così che il cerchio si chiude e tutto si comprende sotto una nuova luce: “Russian spy centre in Hévíz? For years, this spa town has been a significant base for major intelligence operations between the East and West. This development has been noticeable for 25 years now, with the Russians buying up a number of properties and creating a major tourist centre for their citizens.” All’interno dell’articolo di dailynewshungary.com vi sono pure dettagli esplicativi su almeno tre categorie di spie, e una di queste si adatta perfettamente alla storia immobiliare e imprenditoriale che Maria ci ha delineato sulla sua famiglia, in risposta al fuoco duplice di domande. 

Di fronte a questo scenario ancora più perturbante, è veramente il momento di perlustrare l’intero appartamento alla ricerca di microspie ambientali, microtelecamere, e bandire pure la diffusione radiofonica di programmi che si pongono in aperto spregio di posizioni filorusse di qualsiasi tipo, o che potrebbero anche dare solo l’impressione di supportare quelle posizioni radicali, con l’unico scopo di deriderle successivamente. 

Forse, quindi, con un’accurata selezione dei contenuti e di revisione della nostra identità, possiamo essere protagonisti di una sensibile e inedita operazione di controspionaggio, in tempo di guerra, in quel di Hévíz, nell’Ungheria che non ti aspetti.

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